EUROPA IN FORD

Un'avventura su strada: come nasce Europa in Ford

«Non considero le macchine che portano il mio nome semplicemente delle macchine. Se non fossero che quello, mi sarei occupato d’altro. Per me sono la concreta realizzazione di una teoria che mira a fare di questo mondo un posto migliore per gli uomini.»

Višegrad – Bosnia ed Herzegovina

Iniziamo con una doverosa premessa: che cos’è Europa in Ford? Si tratta di una rubrica dedicata al reportage di viaggio. Perché Europa in Ford? Perché nelle mie avventure ho due compagne insostituibili: la vecchia ed indistruttibile Focus del 2002 e la mia più giovane Fiesta. Per ora abbiamo potuto scoprire assieme l’Europa, il mio desiderio più recondito è quello di portarle oltre i confini del nostro continente, potendo documentare con nuovi articoli e fotografie la rubrica Mondo in Ford. Vorrei realizzare un Grand Tour di 365 giorni a bordo di una delle mie fidate Ford, al fine di imparare, crescere e condividere.
Alla vecchietta ho anche promesso un viaggio finale. Quando sarà il suo momento, spero potremo regalarci un’ultima memorabile avventura, perché credo che meriti una degna commemorazione, non l’abbandono presso uno sfascia carrozze qualunque. Dopo la premessa, voglio entrare nel vivo e raccontare come nasce quest’avventura su strada.

Via Lattea “dietro casa” (Socerb – San Servolo)

Nella vita ci circondiamo di oggetti di ogni genere. Essi entrano a far parte della nostra quotidianità così automaticamente, che spesso ne siamo inconsapevoli. O peggio, li diamo per scontati.
Poi ci sono quegli oggetti a cui non vorremmo mai rinunciare, perché sono essenziali per le nostre attività, ai quali abbiamo dato un valore aggiunto. Ci sono inoltre oggetti ai quali siamo affezionati perché li abbiamo scelti con particolare cura. Altri ci stanno a cuore perché simboleggiano un dono o un momento speciale vissuto nelle nostre vite. Infine ci sono degli oggetti che racchiudono in se tutte queste caratteristiche e assumono un nuovo valore: diventano un’estensione della nostra persona.

Ecco, gli oggetti che per me hanno assunto questo valore, fino ad essere veri e propri membri della mia “famiglia”, sono tre.
Due “predecessori” sono entrati nella mia vita contemporaneamente, durante l’infanzia. Mi hanno permesso di godere dei primi spostamenti e di condividere vacanze e ricordi con la mia famiglia. Dico predecessori, perché all’epoca si trattava di oggetti non miei, che in seguito avrei acquistato per uso personale: parlo rispettivamente dell’automobile e della macchina fotografica.

Da buoni italiani condizionati dalle abitudini del turismo di massa degli anni 60′, la vacanza si faceva spostandosi in automobile. E devo ammettere che ho dei bellissimi ricordi legati a quelle vacanze. Ad agosto si passavano 15 giorni in montagna, solitamente in Valle d’Aosta a Breuil-Cervinia o subito oltre al Traforo del Monte Bianco, a Chamonix. Dopo la montagna, 15 giorni al mare in Croazia (dov’è nata e cresciuta mia madre), preferibilmente a Mali Lošinj. Nel periodo invernale passavamo due settimane di vacanza, durante la stagione sciistica in Alta Badia, solitamente tra Cortina, Corvara e Colfosco.
Viaggiare in macchina era un rituale, qualcosa di assolutamente unico: controllare i bollettini stradali, il meteo, programmare l’ora di partenza, giocare a tetris con le valigie! Per non parlare delle ore infinite per raggiugnere la destinazione. Tutto ciò l’ho sempre vissuto come un momento di grande emozione, di condivisione familiare, di gioco e di opportunità. Crescendo, mi sono portata nel cuore questo tipo di sensazioni e ho continuato ad usare l’automobile come mezzo prediletto per i miei spostamenti durante i fine settimana e le vacanze. Pur avendo viaggiato in maniere diverse, talvolta costretta all’uso di altri mezzi (senza i quali non avrei potuto raggiungere le mete prestabilite), l’auto è rimasta la mia preferita. Il viaggio in auto è intimo: il tempo che vi si trascorre ha un ritmo lento e rimane subordinato alle scelte del viaggiatore. Si è autonomi, si sceglie cosa portare e cosa no, si sceglie la propria comodità, si decide se fare la strada rapida o quella panoramica. Viaggiare in macchina ha il sapore dell’avventura. Si possono fare mille soste o non farne nessuna. Si può stare in silenzio e guardare dal finestrino o cantare a squarciagola. Il viaggio in automobile ha il sapore della libertà.

Senja – Norvegia

Il secondo oggetto divenuto pietra miliare nel mio percorso di crescita, è la macchina fotografica. In realtà è entrata nella mia vita timidamente, in punta di piedi. Si è insinuata in maniera inconsapevole. Vengo da una famiglia di fotografi (ed amanti dell’arte in generale). Mio nonno paterno lo era di professione, una tra le svariate della sua eclettica vita, la più longeva, che lo ha accompagnato finché ha potuto scattare. Originariamente fotografo paesaggista, parliamo della metà degli anni ’40, era solito viaggiare con una valigia piena di obiettivi, filtri, esposimetri manuali e chi più ne ha, più ne metta.

 

Nel tempo ha spaziato anche in altri generi fotografici, lavorando a lungo come fotografo di eventi e di matrimoni. Ciò lo ha portato a viaggiare in Italia e all’estero, raggiungendo sempre maggiore padronanza ed iniziando a sperimentare nuove tecniche, partecipando e vincendo concorsi fotografici. Mia nonna, avendo imparato da lui il mestiere, a sua volta per un lungo periodo ha lavorato come fotografa di matrimoni. Ricordo la camera oscura per lo sviluppo fotografico, che avevano a casa, all’interno del “laboratorio”.

 

Ricordo gli armadi stracolmi di album fotografici, ingrandimenti, rullini, pellicole… Credo di non aver mai fatto un viaggio senza l’onnipresente macchina fotografica! Siccome lo scopo era anche quello di documentare ed avere un ricordo della vacanza, talvolta mi veniva chiesto di scattare io stessa la foto. Per quanto fossi ancora una bambina, i miei nonni si sono prodigati per farmi apprendere i basilari precetti della composizione, che sono rimasti indelebili nella mia mente e mi hanno, inconsciamente, fatto osservare il mondo con “l’occhio del fotografo”. Quando per la prima volta ho avuto una compatta tutta mia, regalatami da mio zio nell’ormai lontano 2004, ho iniziato da subito a scattare, cercando di concretizzare le idee che avevo nella mente.

I miei primi scatti fatti con la compattina Nikon Coolpix 4600

Dopo altri 6 anni ho comprato la mia prima reflex. Naturalmente con il tempo i miei interessi si sono evoluti in altri settori e la macchina fotografica era solo un mezzo per documentare i miei viaggi. Non aveva un più valore speciale, desideravo ottenere belle foto, ma non mi sono mai preoccupata del loro significato. Erano foto senza anima, se così si può dire. Solo due anni fa, per un caso veramente fortuito, ho frequentato un corso di fotografia, non sapendo che sarebbe stato il primo di una lunga serie, che mi ha consacrata a questo mondo e che mi ha fatto scoprire il mio grande amore. Ho imparato a conoscere i miei limiti e le potenzialità, oltre a quelli della mia attrezzatura. Ho fatto un upgrade e posso affermare che ora la mia macchina fotografica è letteralmente un prolungamento del mio spirito.

La mia inseparabile Nikon

Oggi fotografare mi emoziona, desidero trasmettere ciò che provo e sento, stimolando l’emotività attraverso il senso della vista. Resto fedele in primis alla foto di paesaggio (sia naturale che urbano), anche se mi trovo quasi sempre nella condizione di fare una foto da reportage di viaggio. Il mio più profondo desiderio è quello di poter suscitare il medesimo tipo di entusiasmo ed emozione che ho provato io stessa quando ho scoperto il potere della comunicazione attraverso la fotografia. Permettere a chi lo desidera, di testare le sue potenzialità, magari potendo immortalare dei luoghi durante un viaggio fotografico. Queste esperienze aiutano vicendevolmente a crescere, ricaricano lo spirito e riempiono il cuore.

At last but not least, arriva il terzo oggetto senza il quale tutta questa avventura per me non sarebbe possibile: il mio portatile, quello da cui scrivo anche ora! Mi ha seguita in giro per mezzo mondo, ha visto 29 paesi, è passato a temperature che andavano da +45°C a -33°C, ha attraversato continenti, confini, deserti sabbiosi e ghiacciati, mi ha fatto saltare i nervi in infinite occasioni, ma è il mio compagno inseparabile. Grazie al suo schermo posso vedere cosa ho prodotto con la mia macchina fotografica, posso montare i video, posso scrivere, posso collegarmi con il mondo, insomma, è prezioso oltre ogni dire.

 

Molti credi ritengono non si debba umanizzare gli oggetti, non si debba avere un attaccamento ad essi, si debba essere in grado di rinunciarvi. Nella vita ho imparato ad apprezzare moltissimo ciò che ho, ma ho altrettanto imparato a distaccarmene. A fatica, lo ammetto, ero molto gelosa dei miei spazi, dei miei oggetti, volevo fossero esclusivi da condividere a mia scelta. Oggi mi sento pronta a rinunciare e distaccarmi praticamente da tutto ciò che ho, tranne da questi tre insostituibili. La verità è che nel mio immaginario non sono oggetti: più che meri strumenti, sono prolungamento delle mie gambe, estensione delle mie idee, amplificatori della mia mente. Mi permettono di portare alla luce e concretizzare i miei sogni.

Europa in Ford ha finora attraversato 26 stati del Vecchio Continente, dalle isole greche fino a Capo Nord. Curiosi di scoprire le recenti mete?

Nordkapp – Norvegia

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