«Le stelle sono buchi nel cielo da cui filtra la luce dell’infinito.»
Una volta uscita dal cottage, l’unica cosa che riuscivo a udire, era il rumore dei miei passi sulla neve. Un suono crocchiante. Adoravo quel suono, al punto che di tanto in tanto affondavo un piede nel manto bianco, solo per sentirlo ancora una volta. Un po’ come quando in autunno si calpestano le foglie secche e si torna subito ad essere bambini.
Poi mi sono fermata nella radura, a pochi passi dal bosco. Silenzio. Ho alzato lo sguardo: sopra la mia testa sono esplosi mille puntini. Mi sono sentita piccola, infinitamente piccola, circondata da un mare di stelle. Non credevo che i miei occhi potessero vederne tante. Quella è stata la prima volta in cui il Grande Nord mi ha accolta tra le sue gelide braccia. Ancora non sapevo che mi avrebbe regalato tanto di più.
Nel mio grande viaggio da Trieste a Capo Nord, la prima vera tappa al di sopra del Circolo Polare Artico, è stata proprio Kiruna.
Sorge sulle pendici dei monti Kiirunavaara e Luossavaara, per quasi 6000 anni la zona era dimora esclusiva dalla popolazione autoctona Sami. Il complesso urbano invece è di origine molto recente, risalente al 1900 circa. È la città più a Nord della Svezia, nonché il centro abitato più vasto della Lapponia, con i suoi quasi 20.000 abitanti. Ma la sua peculiarità è un’altra: conosciuta come “la città in movimento”, negli anni la sua morfologia è cambiata radicalmente (e cambierà ulteriormente) a causa delle attività sotterranee. Qualcuno dice che i suoi abitanti vivono un “terremoto a rallentatore”. Questo perché essa si sviluppa su uno dei più grandi giacimenti di ferro al mondo, già noto al popolo Sami. Ad ogni mutamento che avviene nel sottosuolo, ne corrisponde uno in superficie e la miniera è in costante evoluzione. Il terreno sta lentamente sprofondando, mano a mano che il ferro viene estratto. Nella parte vecchia sono attualmente in corso i lavori di abbattimento degli edifici, gli stessi vengono poi riedificati in quella nuova. Le costruzioni storiche invece, come la chiesa, verranno spostate in toto.
Al momento è possibile visitare entrambe le aree urbane. Naturalmente tale situazione rende la vita dei cittadini locali decisamente fuori dall’ordinario. Ad esempio, sanno che prima o poi dovranno abbandonare le loro abitazioni. Oppure, ogni notte verso l’una, si sente un sordo boato proveniente dalle viscere della terra, in corrispondenza delle cariche esplosive che vengono fatte detonare nella montagna. Inoltre, nel sottosuolo di Kiruna c’è una vera e propria rete autostradale, che consente il trasporto in superficie dei minerali.
Nelle vicinanze dello Skansen, si trova il Gröna Lund (boschetto verde), o Tivoli, il parco divertimenti più antico di Svezia. Durante il periodo estivo vi si tengono concerti ed eventi all’aperto. Curiosità: nel 1980 vi si esibì Bob Marley, al cui live parteciparono ben 32.000 persone.
E per restare in tema musicale, come non citare gli Abba? Eh già, perché i genitori di “Mamma Mia” (scusate il gioco di parole), sono la band di maggiore successo originaria della Svezia. Tanto famosi da essersi meritati un museo tutto loro! Lo trovate sempre sull’isola Djurgården.
Quando vi si accede nel periodo invernale, sembra di entrare nella bocca degli inferi: il vapore acqueo fuoriesce dai varchi condensandosi in nuvole fumose. Questo perché l’interno della miniera ha una temperatura costante che si aggira attorno ai 18°, mentre all’esterno si può tranquillamente arrivare a -30°, -40°.
L’ultimo livello della miniera arriva a 1365 metri. Con un tour guidato, organizzato dalla compagnia mineraria LKAB, si può scendere fino a 540 metri. Certo, si tratta di un’esperienza che non capita tutti i giorni, però a conti fatti direi che non è un’attività imperdibile, visto soprattutto cosa offre la natura nei dintorni.
Si scende nel sottosuolo con un pullman fino a raggiungere il centro visitatori. Qui inizia il tour, la guida racconta la storia della città e della miniera (perché l’evoluzione dell’una va di pari passo con quella dell’altra). Viene poi mostrato un filmato di presentazione dell’attività ed è possibile osservare da vicino alcuni macchinari attualmente in uso. Vengono illustrati i vari processi estrattivi e la successiva lavorazione del metallo. È stato allestito anche un museo della storia della miniera, sin dalla sua inaugurazione. Infine, dopo aver ricevuto una bevanda e due biscotti, si può prendere un sacchetto contenente del ferro, come souvenir. Sarebbe tutto molto interessante, se non fosse pura ed altisonante propaganda dell’attività della LKAB (compagnia mineraria che vi opera). E lo dico da persona curiosa di industria e tecnologia.
A pochi chilometri da Kiruna si trova invece un luogo che mi è molto piaciuto: il villaggio Sami di Jukkasjärvi. Si tratta di uno dei più antichi della zona, risalente al 1600 circa. Data la vicinanza al fiume Torne, il villaggio deve il nome proprio alla sua presenza. Si tratta di un connubio tra una parola Sami che significa “luogo d’incontro con l’acqua”, a cui è stato aggiunto il suffisso “järvi”, che in finlandese vuol dire lago. Infatti il fiume in questo punto raggiunge le dimensioni d un piccolo lago. Attualmente la popolazione conta 800 persone e una presenza ben più importante di cani (parliamo di un migliaio di esemplari). Gli edifici più antichi sono un cottage del XVIII secolo e la spartana chiesetta di legno del 1607, ancora perfettamente conservata. All’interno del campo Sámi Siida Márkanbáiki, c’è una piccola esposizione permanente che racconta la storia di questo popolo nomade, dedito all’allevamento delle renne. Vi si trovano oggetti d’artigianato, nonché tipiche tende costruite con le pelli. Devo ammettere che al loro interno la temperatura è nettamente più gradevole rispetto a quella esterna, sebbene non vi fosse nemmeno il fuoco acceso. Ad ogni modo, ciò che più mi è piaciuto, è stato far visita all’allevamento di renne. Certo, non sono gli esemplari allo stato brado che ho incontrato lungo le strade della Lapponia, però come si può resistere ad un morbido muso peloso che aspetta un po’ di licheni?
A Jukkasjärvi si trova anche il primo Ice Hotel del mondo. La struttura è stata costruita per la prima volta nel 1989, con i blocchi di ghiaccio derivanti dal vicino fiume Torne. Inizialmente non si trattava dell’ambiente visitabile oggi. Era un semplice igloo, allestito durante la mostra delle sculture di ghiaccio, che vi si tiene annualmente. A causa della mancanza di alloggi disponibili nell’area, alcuni ospiti hanno deciso di soggiornare in questo igloo, dormendo sulle pelli di renna disposte al suo interno. Visto il crescente successo, l’ideatore ha deciso di farne un vero e proprio albergo. Annualmente le stanze sono ricostruite e via, via ampliate. Oggi il complesso ospita fino a 50.000 visitatori nella stagione di apertura, che va da dicembre ad aprile. Ci sono stanze a tema e suites, un grande salone centrale, un’ampia reception, l’Absolut Icebar e una piccola chiesa. Il luogo ospita al massimo un centinaio di persone. Le temperature all’interno si aggirano di poco sotto gli 0° (e posso assicurare che si sta decisamente meglio rispetto all’esterno, dove il clima è ben più rigido!). Si può visitare questo particolarissimo Hotel ed il suo bar, pur non essendo ospiti. Ogni anno l’allestimento al suo interno cambia, perciò una visita non sarà mai uguale a quella precedente!
A Kiruna ho scelto di provare un’esperienza che è sicuramente legata a questi luoghi: la slitta con i cani. Di tutti i vari team che offrono il servizio, ho voluto affidarmi a Snowdog Artic Adventure&Co. Ho trovato la squadra preparata, cordiale, davvero disponibile, divertente e alla mano. Inoltre portano fuori gruppi di al massimo 12 persone. Perciò si è certi di vivere un’esperienza intima e personale. Una volta completato il giro, vengono condivisi cibo e bevande caldi, in un ambiente conviviale e gradevole. Ci tengo a precisare che non ho alcun legame con gli organizzatori, quindi il mio parere in merito è del tutto sincero ed incondizionato. Ho trovato questa attività meravigliosa, tanto da volerla ripetere al mattino ed anche la sera. Quale ho preferito? Entrambe!
Si tratta di due esperienze completamente diverse. Il giro completo dura un’infinità (e lo dico in senso positivo), gli animali sono molto affettuosi e vivaci e l’ambientazione formidabile. Si parte attraversando il bosco, la sensazione è quella di essere coinvolti in una spedizione nordica di chissà quale epoca. Poi si arriva nella radura, sul lago ghiacciato. Qui la temperatura si abbassa, però all’inizio del tour viene fornito l’abbigliamento adatto, grazie al quale non si avverte il freddo. Infine, si riprende il sentiero nel bosco per tornare verso il campo base. Portare la slitta non è affatto complicato, l’unica cosa veramente essenziale da tenere a mente è usare i freni. E lo dico perché se non frenati, questi cani corrono a più non posso. Per citare chi ci ha preparati prima della partenza: “È come andare a fare jogging con la persona più stupida che conoscete. Questa correrà a perdifiato senza mai guardarsi indietro, nemmeno se voi cadete o vi fate male.” Tenuto conto di queste piccole regole, non resta altro che vivere l’avventura. Durante la sera invece, l’esperienza è molto diversa, ci si sente completamente immersi nella natura, a partire dal fatto che si è “nelle zampe” dei cani attaccati alla slitta. Sì, perché loro conoscono il percorso, mentre chi li guida in realtà vede poco e nulla e si deve completamente affidare al loro fiuto. I sensi si acuiscono, si odono tutti i suoni della foresta a cui non si ha dato bado durante il giorno, il tempo sembra trascorrere in maniera diversa. Infine, se si ha fortuna, una volta giunti sul lago ghiacciato, è possibile assistere anche al magnifico spettacolo dell’aurora boreale. In conclusione, quale dei due consiglio? Forse dovendo proprio scegliere, direi quello della mattina, per godere della vista in maniera completa. Se invece potete provare entrambe, fatelo, non rimarrete delusi. (Per chi fosse interessato, questa è la loro pagina: https://www.snowdog.se/welcome-to-snowdog-dog-sledding-tours)
Ad un centinaio di chilometri da Kiruna, e a 250 chilometri a nord dal Circolo Polare Artico, si trova un’altra tappa che mi resterà nel cuore: Abisko. Proprio qui ho visto la Dama Verde danzare nel cielo per la prima volta. Non a caso, questa è considerata una delle zone migliori del mondo per osservare l’Aurora Boreale. Grazie al suo clima secco ed alle montagne che circondano il lago Torneträsk, si crea una particolare condizione luminosa, definita “Abisko Blue Hole”, che determina una visibilità eccezionale del fenomeno. Le precipitazioni sono piuttosto rare ed i giorni di cielo terso in un anno sono circa 200. Non occorre affannarsi troppo per trovare il posto perfetto, dal momento in cui l’intera zona circostante il parco nazionale è quasi del tutto priva di inquinamento luminoso. Ci sono luoghi come l’Aurora Sky Station, da cui è possibile ammirare e fotografare l’evento usufruendo di alcuni comfort. Si tratta di un centro di osservazione locato in cima ad una montagna, da cui si gode di un’ottima vista sul lago. Vi si accede con una funicolare ed il luogo è dotato di ristorante e bar. Personalmente non apprezzo troppo questo tipo di attrazioni, visto e considerato che è sufficiente fermarsi in qualsiasi posto isolato, anche ai bordi della strada, per ammirare lo spettacolo naturale, in pace e tranquillità. Naturalmente ciò dipende dai gusti e dalle esigenze soggettive. Ciò che invece posso consigliare, come per le foto notturne in generale, è di trovare qualche elemento da inserire nella fotografia per creare una composizione interessante e non piatta.
La stessa strada durante il periodo estivo:
Il Lago Torneträsk è profondo circa 168 metri, e si trova all’interno dell’area del Parco Nazionale di Abisko. Durante l’inverno ci sono sentieri percorribili, bisogna però tenere in considerazione che spesso il manto nevoso ricopre il suolo per parecchi metri e quindi camminare potrebbe risultare faticoso. Proprio lungo la strada che costeggia il lago, in direzione Björkliden, vale la pena vedere la Silverfallet, una cascata formata dal fiume Rakasjåkka che sfocia direttamente nel Lago Torneträsk. Durante la stagione invernale è naturalmente interamente ghiacciata, come lo sono anche il lago ed i vari fiumi. Con un po’ di fortuna e di pazienza, all’interno del parco è possibile avvistare qualche animale tipico delle zone artiche, come gli ermellini, le renne, le alci, le volpi. Più raramente si possono vedere orsi o lupi. (Di questi ultimi, ho visto alcune impronte lontano dai sentieri battuti, di loro nemmeno l’ombra)
Ciò che posso dire è che vale la pena non pianificare troppo: godere della natura e osservare in pace riesce estremamente facile in questi posti. Sono luoghi di relax e quiete dei sensi. Tra le molteplici attività, si può sicuramente optare per un tour delle grotte Kåppas, che si trovano proprio al di sopra del villaggio di Björkliden, nel torrente Kåppasjokk. Prima di entrare nella grotta viene fornita l’attrezzatura necessaria, come una tuta, un elmetto e una lampadina frontale. Si può infine provare anche l’arrampicata su ghiaccio, risalendo una della tante cascate ghiacciate all’interno del parco.
In conclusione, la Lapponia svedese è stata la terra in cui ho sperimentato le mie prime esperienze artiche. A partire dallo spettacolo luminoso della danzante Aurora Boreale, fino alle temperature più rigide provate durante l’intero viaggio. Il minimo l’ho toccato a Kiruna con -33°. Per quanto ci si possa preparare, non lo si è mai a sufficienza. Le parti più difficili da scaldare sono le estremità, soprattutto quando si sta fuori per tante ore, specie di notte, e si ha bisogno maneggiare l’attrezzatura fotografica. Inutile dire che a nulla sono serviti sottoguanti o guanti in seta vari. Dopo pochi istanti le dita si congelano, se poi bisogna maneggiare un cavalletto o un gimbal metallico, la sensazione che segue è quella di aver preso delle potenti martellate sulle dita. E perdura anche per un’ora dopo averle riportate ad una temperatura accettabile. L’unica cosa veramente utile è tenere costantemente le muffole addosso ed essere in grado di serrare il pugno per facilitare la circolazione. Ciò che non è coperto congela. I capelli congelati si spezzano, quindi attenzione a non lasciarli scoperti. Infine i piedi: consiglio di acquistare calzature di un paio di numeri più grandi, di modo da poter muovere le dita al loro interno, nonostante le molteplici paia di calzini. Inoltre consiglio vivamente di acquistare stivali come quelli della Sorel, a prezzi accessibili, comodi e caldi (sono quelli forniti durante il tour con i cani e non ho avvertito il minimo freddo). Non serve spendere una fortuna per l’abbigliamento, ciò che posso dire di certo è che maggiore è la qualità dei prodotti, minore sarà l’ingombro.
Con le giuste attenzioni, l’esperienza che si vive in quelle zone è davvero incomparabile. L’unica cosa che non riuscirò mai a mandare giù, letteralmente, è il vino che ho lasciato in macchina a -33°.